Perseverance è arrivato su Marte. Partito dalla lontana Terra lo scorso 30 luglio a bordo di un razzo vettore Atlas. Dopo quasi sette mesi ( 203 gg.) di viaggio e 470 milioni di km ( 12 mila volte il giro della terra) il rover Perseverance, ha raggiunto la superficie unitamente al drone Ingenuity.
Alto più o meno quanto un’auto, dal peso di circa una tonnellata, è l’evoluzione del rover Curiosity. Dal punto di vista estetico, molto simile nell’aspetto, ma con una serie di miglioramenti tecnologici.
Molte cose potevano andare storte. Tutto è andato secondo i piani.
Tutte le fasi erano automatizzate, impossibile un controllo diretto. Il rover è stato posato sul terreno dal veicolo vettore che poi si è allontanato in sicurezza.
E’ ammartato nel cratere Jezero alle 21:56 di ieri 18 febbraio. Ha iniziato a trasmettere, 11 minuti dopo ( il tempo impiegato da un segnale radio per fare la distanza tra i due pianeti che attualmente è di circa 200 milioni di km). Sulla terra è arrivato il primo segnale, unitamente alla prima immagine del suolo di Marte.
Certo, dall’ultimo ritrovato della tecnologia, la prima foto in scala di grigi, un po’ sfocata, ha deluso. In realtà quella era l’immagine della telecamera di navigazione atta a testimoniare l’avvenuto ammartaggio senza problemi.
Obiettivo del rover, il cratere Jazero “lago”, ovvero il luogo nel quale si ritiene ci fosse, miliardi di anni fa, un lago alla foce di un fiume. Ideale per far sperare in ritrovamenti particolari. La missione di Perseverance è di scoprire se su Marte ci siano state forme di vita. Se miliardi di anni fa c’era qualche forma di vita, quel cratere è stato ritenuto il posto migliore per trovarne traccia.
Tutti ritengono, infatti, che miliardi di anni fa, su Marte ci fosse dell’acqua, ossigeno e fosse molto meno desertico rispetto ad ora.
Il rover avrà il compito di trovare reperti fossili o tracce di molecole, alla base della vita.
Se ne andrà girovagando in un’area di circa 50 km quadri, con il suo kit da geologo, scansionando e carotando il terreno.
È inoltre dotato di 23 telecamere di cui alcune ad altissima risoluzione per cui farà una serie di foto inedite ( si spera più nitide della prima). Raccoglierà dei campioni che depositerà in provette di titanio oggetto di recupero di future missioni con lo scopo di riportarle sulla terra.
Lo stesso è dotato di microfoni per captare i suoni circostanti.
Dotato di due cervelli ( uno di riserva) è altamente automatizzato.
Il costo si aggira intorno ai 130 milioni di dollari.
La missione della NASA denominata “Mars 2020” ha però qualcosa in più. Il rover non è solo, a fargli compagnia vi è un drone: Ingenuity che significa “ingegnosità”. È il primo drone terrestre su Marte e ha il difficile compito di volare nell’atmosfera del pianeta. Ciò che appare semplice sulla terra non lo è su Marte la cui atmosfera molto rarefatta è composta da anidride carbonica. Il volo è alquanto difficile dal momento che non è facile creare portanza.
Se tutto andrà come previsto, in autonomia si alzerà in volo, fino a 5 metri, e scatterà delle foto. Non può essere comandato a distanza. Il suo compito è dimostrare, attraverso voli autonomi programmati, che volare è possibile anche su Marte.
Ricordiamo che le temperature di notte su Marte possono scendere anche fino a -90 gradi: ciò mette a lunga prova l’integrità dei dispositivi.
Non tutti sanno che oltre ad una serie di strumenti di analisi altamente tecnologici, il rover porta con se alcune cose inconsuete.
La NASA da sempre, dota le sonde spaziali e i veicoli in genere tra cui i rover di “oggetti particolari” come incisioni, immagini, microchip: veri e propri messaggi.