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Ebola

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virus Ebola

Giunge notizia di un nuovo caso di Ebola. Ritorna il contagio nel continente africano dopo l’epidemia che ha portato molte vittime tra il 2013 e il 2016.

Una terribile malattia, scatenata da un virus, isolato per la prima volta nel 1976, nelle zone dell’attuale Repubblica del Congo.

Ritorna in Guinea, regione tristemente nota nell’allora epidemia.

Cos’è l’Ebola?

E’ una malattia fatale scatenata da un patogeno. La trasmissione avviene attraverso il contatto diretto con materiali o tessuti infetti (sangue, secrezioni, organi  fluidi corporei, organi,  animali infetti.). Ma anche per contatto interumano con oggetti, fluidi o in ambienti contaminati.

I sintomi perfettamente riconoscibili della malattia ( diarrea, vomito, sanguinamento e febbre) spesso preludio della morte.

L’incubazione si manifesta dai  2 a 21 giorni, alla quale segue la comparsa di astenia, mialgie, febbre, artralgie e cefalea. Segue la comparsa di  anoressia, diarrea, nausea e vomito; danni in diversi organi e apparati.

Non esiste una cura, si procede con  trattamenti sulla base di emoderivati, terapie immunitarie e farmacologiche: esiste un vaccino.

La precedente epidemia ha coinvolto:  Guinea, Sierra Leone e Liberia, paesi con strutture sanitarie inadeguate e risorse insufficienti.

Non dimentichiamo che la Guinea è attualmente in piena pandemia da coronavirus con migliaia di contagi e decine di morti. È evidente che ogni epidemia nel continente africano diventa emergenza sanitaria con necessario ausilio delle organizzazioni internazionali.

Si tratta di una recrudescenza, di una situazione sotto controllo grazie alla somministrazione diffusa dei vaccini,  che comunque,  in ogni momento può precipitare.

Ebola in Africa occidentale 2013-2016

Successive indagini internazionali, hanno acclarato la  causa della diffusione dell’epidemia tra il 2013 e il 2016. La  malattia, nelle zone boscose della Guinea, sarebbe stata generata dall’avvenuto contagio di un bambino, di pochi mesi, in uno sperduto villaggio.

Il cosiddetto paziente zero o paziente indice, sarebbe stato infettato da un pipistrello.

Ai pipistrelli si attribuisce la diffusione del virus, quali mezzi di contagio anche per l’uomo.

Identificato il virus ormai noto, nel 2014 i casi di ebola sono stati registrati in sette Paesi: Nigeria, Senegal, Mali, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti e Italia.

Nell’allora epidemia di Ebola si registrarono circa 29.000 casi e più di 11.000 morti.

Principale “untore” sarebbe il pipistrello della frutta. Il primo bambino contagiato nel 2013, avrebbe mangiato un frutto venuto a contatto con un pipistrello,  quindi con il virus.

In realtà sono note le abitudini del consumo di  bushmeat. La  “carne di selvaggina” (letteralmemte carne da cespuglio) ovvero il consumo di animali della foresta, portatori di molti virus è sempre più frequente. 

Quello che dovrebbe far riflettere è proprio quest’aspetto: in tutti i casi di nuovi virus mutati e diventati aggressivi per l’uomo ci sono abitudini alimentari inconsuete: al limite.

È un virus estremamente aggressivo, appartenente alla famiglia dei Filoviridae

La domanda che sorge spontanea è la seguente:

perché virus che esistono da migliaia di anni e da migliaia di anni convivono con l’uomo, ad un tratto fanno il cosiddetto “ salto di specie”?

qual è la causa scatenante di una tale mutazione?

Perché tale mutazione non è avvenuta centinaia, migliaia di anni fa, con la possibilità di estinzione dell’ intera umanità?

da alcune ricerche sembrerebbe, che in circa 16 anni, ben 5 virus hanno fatto il salto di specie.

Dovremmo essere allarmati? Quando la situazione diventando abitudinaria diventerà preoccupante?

I cambiamenti  climatici o di interi ecosistemi sono legati a tali eventi?

I virus, per sopravvivere ad un ambiente diventato ostile, si adattano vanno alla ricerca di nuovi ospiti: quelli che in quell’ambiente appaiono più resistenti.

Nel 1918 la Spagnola

Nel 1957 l’Asiatica

Nel 1968 Hong Kong

Nel 2003 Sars

Nel 2009 H1N1

Nel 2012 la Mers

Nel 2013 ebola

Nel 2019 2019-nCoV 

Tutti sono saltati dall’ospite animale all’uomo: 5 negli ultimi 15 anni.

Lo “spillover” ovvero “il salto di specie” è un processo naturale per il quale un patogeno presente in una specie animale, inizia ad infettare riprodurre e trasmettersi nella specie umana. Per millenni è stato raro.

Qual è la causa scatenante ?

Mutano, cambiano i loro geni, imparano a riconoscere le cellule umane e a replicarsi al loro interno.  Queste  mutazioni sono più frequenti nei virus ad RNA ( come i coronavirus).

Questo salto in realtà non dovrebbe essere improvviso ed immediato ma, il frutto di un continuo rapporto virus-uomo. Del   contatto prolungato tra l’animale portatore e l’uomo per il quale il virus, dopo una serie di tentativi, riesce ad infettare il nuovo organismo.

Le “zoonosi” ovvero le malattie tipiche degli animali che posso trasmettersi agli uomini sono diverse e possono dipendere da  virus, batteri, parassiti etc.

È evidente che i cambiamenti climatici, l’inquinamento, l’alterazione di ecosistemi, la scarsità delle risorse, hanno un ruolo in tutto questo. Di certo favoriscono lo spillover, ovvero quelle condizioni favorevoli al virus affinché muti.

L’esposizione a questi fattori è determinante. Da un lato il sistema immunitario umano si indebolisce, dall’altro i virus diventano sempre più resistenti.

Da milioni di anni l’uomo si è evoluto insieme ad animali selvatici e virus. Certamente,  per migliaia di anni, molti virus si sono disinteressati della specie umana. Negli ultimi cento anni le cose sembrano essere cambiate.  È  evidente che  qualcosa è cambiato o sta cambiando. Alcuni  fattori sono cambiati, e sappiamo benissimo cos’è cambiato nell’ultimo secolo!

Una correlazione  sembra ipotizzabile: le mutazione genetiche dei patogeni sono scaturite o per lo meno favorite, dal radicale cambiamento che l’uomo ha apportato agli ecosistemi.

I virus si adattano per sopravvivere: lo fanno da milioni di anni.

Molti salti di specie potrebbero  essere avvenuti senza particolari conseguenze per l’uomo. Tanti altri potrebbero presentarsi.

Certamente l’azione dell’uomo sugli animali da allevamento o domestici è radicale. Spesso trattati con sostanze capaci di influenzarne la crescita o la resistenza a malattie ha di contro il fatto, che i patogeni cercando di sopravvivere, diventano più adattivi e resistenti.

 L’uomo da un lato sta “attaccando” i virus dall’altro sta creando quelle connessioni che permettono ai virus di adattarsi, di diventare più forti.

La globalizzazione mette a contatto molte persone con fattori di rischio prima sconosciuti.

La scarsità delle risorse spinge le popolazioni verso nuove abitudini.

Lo spillover per millenni è stato qualcosa di raro, ora lo stiamo favorendo.

Un  continuo contatto tra il patogeno e l’uomo spinge ad una serie di tentativi del primo al fine di diventare endemico nel secondo.

Nell’ultimo secolo non solo il fenomeno non è più raro, ma sembra aver acquisito una certa frequenza, che sembra in aumento.

Quell’equilibrio tra le specie e l’uomo che ha retto per millenni sembra fratturarsi a danno della resilienza della specie umana.

L’aumento della popolazione globale, con conseguente invasione degli spazi selvatici; distruzione di interi ecosistemi; allevamenti intensivi ed agricoltura invasiva con supporto di sostanze chimiche e danno alla biodiversità; porta certamente questi risultati.

Per il 2050 si prevede una popolazione globale di 9 miliardi di persone.

Vuol dire, che tutto ciò che l’uomo ha fatto alla natura in questi anni, sarà ampliato molte volte e gli effetti potrebbero essere rovinosi.

In realtà rompere gli equilibri darà origine ad eventi catastrofici.

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